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La mattina del rapimento di Aldo Moro
di Corrado Tocci

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La mattina del rapimento di Aldo Moro
di Corrado Tocci

La mattina del 16 marzo 1978, come tutte le mattine, arrivai presto alla sede nazionale ACAI di piazza Capranica a Roma, sul piccolo sagrato della chiesa di Santa Maria in Acquiro la scorta dell’on. Giulio Andreotti attendeva l’onorevole che come tutte le mattine passava a fare visita.

Presa la documentazione necessaria agli incontri della giornata, mi avviai a piedi verso la sede della ACAI provinciale di Roma in piazza Adriana, di lato al Ministero di Grazia e Giustizia di piazza Cavour.Al provinciale mi aspettava il Vice Presidente nazionale Bernardino Mari. Insieme saremmo andati a visitare uno dei tanti insediamenti produttivi, sorti abusivamente, intorno al raccordo anulare, quello denominato di via Dell’Omo sulla Prenestina.

Negli ultimi venti anni la popolazione di Roma era cresciuta a dismisura, l’agricoltura, che fino agli anni 50’ aveva sorretto il sistema sociale italiano, non era più in grado di soddisfare le esigenze delle famiglie, milioni di persone, soprattutto giovani coppie, si spostarono dalle campagne alle grandi città nella speranza di trovare un lavoro che permettesse loro di vivere più dignitosamente.

La città di Roma fino ad allora aveva poca popolazione che viveva oltre la cinta delle “Mura Aureliane”, la maggior parte di questa popolazione era stata spostata dal quartiere Borgo quando era stato dato il via alla costruzione di Via della Conciliazione.

In quegli anni a Roma “spuntavano palazzi come funghi”, dappertutto, l’edilizia regolare e non, dava lavoro a decine di migliaia di immigrati, questo boom favorì la trasformazione di Roma da una città “papalina” ad una megalopoli. In quegli anni il sistema bancario svolse un grande ruolo di sostegno permettendo a decine di migliaia di famiglie di accedere al mutuo per acquistare la casa.

Coloro che non potevano permettersi una casa si arrangiavano a vivere in baraccopoli, chiamati borghetti. Tra  i più conosciuti quelli del Nuovo Salario, Nomentano, Prenestino, Tuscolano, Casilino e quegli sorti sotto le arcate dei vari Acquedotti Romani, luoghi utilizzati per molti film dalla nostra cinematografia.

Con l’autovettura del Vice Presidente Bernardino Mari andammo a prendere la strada statale Flaminia per immetterci sul Grande Raccordo Anulare di Roma per arrivare a Via dell’Omo, dall’altra parte di Roma, senza attraversare tutta la città.

Mentre percorrevamo il raccordo anulare all’altezza della strada statale Salaria abbiamo trovato un posto di blocco con uomini armati in assetto da combattimento, la sede stradale ridotta ad una corsia con ai lati strisce di bande chiodate per evitare eventuali fughe.

Ci siamo accodati alle altre autovetture, giunto il nostro turni ci hanno invitato a scendere, ci hanno chiesto i documenti e prima di ripartire hanno controllato cosa avevamo nel cofano.

Da quel momento ad ogni incrocio tra il Grande Raccordo Anulare e le statali abbiamo incontrato un posto di blocco, prima di giungere alla Prenestina per andare in via Dell’Omo abbiamo incontrato altri quattro posti di blocco.

Giunti a via Dell’Omo ci siamo recati all’ufficio del Consorzio ci abbiamo trovato solo la segretaria la quale ci disse che componenti del Consiglio Direttivo ci avevano aspettato ma visto il ritardo e nessuna comunicazione telefonica avevano ritenuto che avessimo annullato l’incontro senza avvertirli. Ci scusammo e raccontammo il calvario percorso quella mattina.

Riuscimmo a fare la riunione, l’incontro fu proficuo come ACAI interessammo l’assessore al piano regolatore delle Giunta Capitolina, retta da Giulio Carlo Argan, sulla necessità di trovare una soluzione per cominciare a sanare i capannoni abusivi dei vari insediamenti produttivi sorti intorno al raccordo anulare.

 Alla fine dell’incontro la segretaria ci disse che le Brigate Rosse avevano rapito l’onorevole Aldo Moro e ucciso la sua scorta.


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